Obesità Infantile: cos’è? Principali Cause e Rimedi
L’obesità infantile è un problema di notevole rilevanza sociale. Il fenomeno, estremamente diffuso anche in Italia come riporta la figura sottostante, è il risultato dell’introduzione di un quantitativo di calorie maggiore rispetto all’effettivo consumo, per un periodo protratto di tempo: in questo modo il bilancio energetico è costantemente positivo e determina l’insorgere della patologia.
Dare una definizione del concetto di obesità in età pediatrica, che vada oltre il basilare significato di “Accumulo abnorme di grasso nell’organismo sotto forma di tessuto adiposo” è certamente complesso. Se nell’adulto il peso ideale è calcolato in base al BMI (Body Mass Index o Indice di Massa Corporea), la crescita ponderale del bambino deve tenere conto della fase dello sviluppo in cui il soggetto si trova, facendo le opportune distinzioni di sesso ed età.
Ecco qui di seguito la definizione di obesità stabilita dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization):
Il dato maggiormente allarmante legato a questa patologia è la diffusa tendenza a non considerarla come tale e, dunque, a non riconoscerne i pericoli insiti.
È bene, però, ricordare che le più frequenti conseguenze associate ai casi di obesità in età pediatrica sono rappresentate da problemi di tipo respiratorio (ipoventilazione che determina tendenza all’affaticamento e apnee notturne), disturbi dell’apparato digerente, del sistema endocrino (con forme di diabete mellito e l’insorgenza di intolleranze alimentari), cardiovascolare (casi di ipertensione, iperlipidemia, incremento del rischio di squilibri coronarici) e articolare, dovute al carico meccanico (varismo/valgismo degli arti inferiori, dolori articolari, mobilità ridotta, piedi piatti).
Non bisogna sottovalutare poi le pesanti ricadute in ambito psicosociale: i bambini affetti da sovrappeso vivono spesso condizioni di disagio e vergogna, fino a casi veri e propri di ansia, depressione e rifiuto del proprio aspetto fisico. Molto spesso sono vittime di
scherzi e derisione proprio a causa del loro peso e questo determina lo sviluppo di senso di insicurezza, perdita di autostima e difficoltà ad instaurare relazioni sociali: in questo modo escono sempre meno di casa, trascorrendo il tempo in attività sedentarie e instaurando così un circolo vizioso.
Bisogna, inoltre, tenere conto di conseguenze tardive, che si manifestano o acuiscono con il sopraggiungere dell’età adulta. Occorre sottolineare che l’obesità infantile rappresenta un fattore predittivo di obesità nell’età adulta. Oltre ad avere una maggiore predisposizione al sovrappeso, chi è stato un bambino “cicciottello” risulta maggiormente esposto a numerose patologie.
Obesità infantile: cause e principali fattori di rischio
Innanzitutto è bene fare un distinguo tra i casi di obesità infantile dettati da cattive abitudini alimentari e i casi in cui l’obesità è un fattore insito in particolari patologie: sono infatti più di 50 le forme attestate di obesità associate a sindromi genetiche (spina bifida, Sindrome di Down, Sindrome di Prader Willi e Sindrome di Bardet-Biedl)
L’obesità infantile, nella sua forma più diffusa ed avulsa da complicazioni legate ad altre patologie, ha una genesi multifattoriale, essendo il risultato di diverse cause che interagiscono tra loro: eccessiva e/o cattiva alimentazione, ridotta attività fisica e motoria, fattori di tipo genetico-familiare. Più rari sono i casi di obesità legati ad alterazioni ormonali come ipotiroidismo o disfunzioni surrenali.
Quali sono le cause di marcato aumento del sovrappeso in età pediatrica?
I piccoli pazienti che presentano sovrappeso o addirittura obesità sono nella quasi totalità accomunati da uno spostamento verso un bilancio energetico positivo, vale a dire uno sbilanciamento tra quantità di calorie introdotte nell’organismo e loro consumo.
Tra le abitudini alimentari che contribuiscono all’aumento dell’apporto energetico nei bambini ci sono la tendenza a mangiare molto spesso fuori casa, prediligendo alimenti di fast-food e snack altamente calorici ed accompagnandoli da bibite zuccherine.
Ecco alcuni dati rilasciati dall’American Heart Association:
- nel 1980, circa il 50% degli studenti delle scuole superiori riferiva di mangiare verdure verdi “quasi ogni giorno o più”. Nel 2003, tale percentuale era scesa a circa il 30%
- tra il 1977-78 e il 2000-2001, il consumo di latte in bambini di età compresa tra 6 e 11 anni si è ridotto del 39%, mentre il consumo di succo di frutta è aumentato del 54%, quello di drink alla frutta del 69% e quello di bibite casate del 137%
- tra il 1970 e il 1980 il numero di fast food negli Stati Uniti è aumentato da 30.000 a 140.000 e le vendite sono incrementate del 300% nello stesso periodo. Nel 2001 si contavano circa 222000 punti vendita fast-food
Risultato dell’insana tendenza, spesso sottovalutata, è riassumibile in un’equazione di immediata comprensione:
100 kcal/giorno più del necessario = incremento di 4,5 Kg di peso all’anno.
Cattive abitudini alimentari spesso vanno di pari passo con una drastica riduzione dell’attività fisica quotidiana, come attestano i dati rilasciati da Healthy Youth:
- dal 1991 al 1999, la percentuale di studenti che hanno frequentato corsi giornalieri di educazione fisica è diminuita dal 42% al 29%.
- Attività fisiche come camminare e andare in bicicletta è sceso del 40% nei bambini tra i 5 ei 15 anni, tra il 1977 e il 1995.
Anche le statistiche diffuse da “Centers for Disease Control and Prevention” sono allarmanti:
- Oggi il 16% dei bambini e teenager negli Stati Uniti sono in sovrappeso
- 6 bambini su 10, di età compresa tra 9 e 13 anni, non partecipano a nessun tipo di programma di sport/attività fisica organizzato al di fuori del contesto scolastico. In particolar modo, i bambini i cui genitori hanno redditi e livelli di istruzione più bassi hanno ancora meno probabilità di partecipare a queste iniziative. Quasi il 23% dei bambini appartenenti a questa fascia di età, non svolge alcuna attività fisica nel tempo libero.
La tendenza ad una vita sempre più sedentaria si lega ad una crescente fruizione di contenuti multimediali (in media in bambini trascorrono 6 ore al giorno guardando programmi TV o giocando con videogame).
Bisogna, inoltre, sottolineare che durante la visione di questi contenuti viene implicitamente comunicato ai piccoli utenti un messaggio che spinge verso un consumo esagerato dei cosiddetti “cibi-spazzatura”. Infatti, circa l’80 delle pubblicità inserite in programmi per l’infanzia rientrano nel mercato del food.
Obesità infantile e contesti familiari
Come già sottolineato il nucleo famigliare ricopre un ruolo centrale nel corretto sviluppo delle abitudini alimentari e fisiche dei più piccoli.
Attraverso ricerche mirate sono state evidenziate le caratteristiche prevalenti dei contesti familiari con bambini e/o adolescenti obesi:
- Genitori insicuri che compensano le carenze (reali o percepite) sovra-alimentando i figli
- Impiego del cibo come deviatore e mediatore degli scambi emotivi genitore-bambino
- Alimentazione emotiva come strategia individuale per ridurre le tensioni interne
- Ridotta coesione ed elevata conflittualità famigliare
- Elevata dipendenza emotiva dei figli verso i genitori
- Iperprotettività, invischiamento e scarso senso di identità e di efficacia personale
- Simmetria relazionale e tendenza all’evitamento del conflitto
Obesità infantile, quali rimedi
Sono numerosi gli interventi atti a ridurre ed evitare il sovrappeso e l’obesità nei bambini: diete, pratica di esercizio fisico, interventi di carattere psicologico e psicoterapeutico, fino all’adozione di farmaci e al ricorso alla chirurgia per i casi più estremi.
È doveroso ricordare che nessuno di questi può funzionare se adottato singolarmente. Inoltre, anche il più diffuso binomio dieta/esercizio fisico, rischia di fallire se non supportato da adeguati interventi. Nel Cochrane Database of Systematic Review si afferma che l’intervento psicologico-psicoterapeutico è una componente necessaria per la riduzione dell’obesità.
Valutazione psicologico – psichiatrica nei casi di obesità infantile
Una valutazione psicologica del paziente obeso dovrebbe essere effettuata nell’ambito di un approccio multi-disciplinare.
È opportuno valutare le seguenti aree:
Comportamenti. Spesso i pazienti ricorrono a comportamenti lesivi come assunzione di grandi quantità di cibo in poco tempo. Di natura contraria, ma non per questo da sottovalutare sono i casi di digiuni prolungati o esagerate sessioni di attività fisica. Bisogna inoltre indagare se si verificano ricorsivamente episodi di vomito e assunzione di farmaci quali i lassativi e clisteri. Si tratta in tutti questi casi di azioni compensatorie, ma inappropriate, per prevenire l’aumento di peso.
Determinanti cognitive. I pazienti tendono a mangiare anche quando non sentono lo stimolo fisiologico della fame, non riuscendo a riconoscere il senso di sazietà. Spesso questi casi di iperalimentazione vengono giudicati dai diretti interessati come una perdita della capacità di controllo e traspare spesso un senso di inadeguatezza. La valutazione della propria persona e l’autostima sono quasi sempre influenzate dal peso e dall’aspetto corporeo.
Determinanti emotive. Molto spesso i casi di iperalimentazioni nascondono (e, allo stesso tempo acuiscono) condizioni di depressione, i pazienti si sentono tristi, in colpa o arrabbiati e placano con il cibo queste sensazioni negative. Il vissuto di ansia che spesso accompagna questi stati è per lo più relativo all’aspettativa e al timore di un giudizio critico esterno.
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